giovedì 29 maggio 2008

Il nucleare non serve all’Italia


Questo il titolo del dossier presentato questa mattina da Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne Greenpeace Italia, per svelare le “menzogne dei fautori dell’atomo”. Si citano infatti nel dossier tutti gli slogan che vengono riproposti nella campagna mediatica a favore del nucleare, approfondendoli poi uno ad uno per dimostrarne l’assoluta infondatezza. Tra gli slogan più utilizzati il fatto che: è l’unica risposta concreta per fermare i cambiamenti climatici, è economico, permette di ridurre la bolletta italiana e la dipendenza dall’estero, è sicuro. Tutte «bugie, conti fasulli, favole» scrivono le associazioni ambientaliste «che servono a costruire una risposta emotiva da parte dell’opinione pubblica e un dibattito ideologico sui tabù e i divieti. Nella realtà si sta solo facendo il gioco di quei gruppi di interesse che si stanno candidando a gestire una montagna miliardaria di investimenti pubblici». Per le tre associazioni ambientaliste la soluzione per fermare la febbre del pianeta e ridurre la bolletta energetica italiana è molto più semplice dell’opzione nuclearista rilanciata dal ministro Claudio Scajola: è fondata sul risparmio, sull’efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. Semplicemente perché è la via più immediata, più economica e sostenibile. Sui costi, si sottolinea che gran parte del costo dell’elettricità da nucleare è legato agli investimenti per la progettazione e realizzazione delle centrali, che è almeno doppio di quanto ufficialmente dichiarato, e richiede tempi di ritorno di circa 20 anni. A cui vanno aggiunti i costi di smaltimento delle scorie e di smantellamento degli impianti.
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mercoledì 28 maggio 2008

La Corrente del Golfo e la Catarsi Imminente





Ciò che state per leggere cambierà per sempre il vostro mondo, questo ve lo posso garantire. Devo scusarmi per essere io a portare queste notizie spiacevoli, ma è necessario che sappiate, se volete sopravvivere, che ciò che verrà sarà o SECCO e caldo o GHIACCIO e freddo.

Del riscaldamento globale si parla da 40 anni, e nel frattempo siamo diventati compiacenti. I nostri scienziati concordano sul fatto che il riscaldamento globale sarà causa di enormi cambiamenti e problemi nel mondo, ma secondo i loro ragionamenti ci vorranno cinquanta o cento anni prima di doverci occupare dei suoi effetti.

La loro idea è che, in generale, il riscaldamento globale sarà lento ed il mondo troverà il tempo per scoprire la soluzione ai problemi.
Nuove incontrovertibili prove suggeriscono invece che questo scenario è semplicemente sbagliato, e faremmo meglio ad essere pronti per un'altra, più improvvisa possibilità.

Lo Scioglimento del Polo Nord

Guardiamo i fatti. Due anni fa, per la prima volta nella storia a noi nota, il Polo Nord si è completamente disciolto. Per la prima volta navi militari e private hanno potuto navigare direttamente sul polo, poiché c'era solo acqua. Di solito, in quell'area c'erano sempre stati almeno tre metri di solido ghiaccio.

Alcuni anni fa Greenpeace annunciò che la calotta polare perenne del Polo Nord era arretrata di circa 450 km, ma nessuno ha ascoltato.

Oggi, mentre scrivo quest'articolo, siamo testimoni degli incendi in Alaska, che hanno consumato più di un milione di acri di foresta. Fino ad oggi, quell'area era sempre stata coperta dalle piogge o dalla neve. Anche questi incendi sono legati direttamente allo scioglimento dei poli e alla Corrente del Golfo.

Ma alla fine il Pentagono ha dovuto - grazie ad Andrew Marshall - ammettere la verità: hanno reso pubbliche foto satellitari che ritraggono il Polo Nord nel 1970 e nel 2003, e che dimostrano come il 40% del Polo Nord si è disciolto in soli 33 anni - ed ora lo scioglimento procede ad un ritmo ancor più rapido. Il Pentagono ha provato che tutte quelle dichiarazioni del governo sui poli che non si stavano sciogliendo erano pure menzogne - più dannose di qualunque cosa la guerra di Bush all'Iraq possa provocare agli Stati Uniti.

Lo Scioglimento del Polo Sud

Un paio d'anni fa la placca denominata 'Larsen A' si è staccata dalla calotta del Polo Sud, con grande stupore di molti scienziati. All'epoca il personale scientifico che conduceva gli studi su quest'evento affermò che non si trattava di qualcosa di veramente rilevante, poiché questo lembo di ghiaccio era stato parte del Polo Sud soltanto negli ultimi 10.000 anni.

Quegli stessi scienziati aggiunsero che invece la placca 'Larsen B', che si trovava dietro 'Larsen A', non si sarebbe mai sciolta, in quanto era rimasta lì per molte ere glaciali. E tuttavia l'anno scorso 'Larsen B' si è staccata e ha preso il largo. Sempre loro affermarono che ci sarebbero voluti sei mesi per sciogliere quell'immensa massa di ghiaccio, ma ancora una volta erano in errore: sono bastati 35 giorni, e - cosa più importante - il livello degli oceani in tutto il mondo è aumentato di circa 3 cm.

Ora che la placca 'Larsen B' non c'è più, resta esposta un'enorme massa di ghiaccio detta 'Placca di Ross', e l'unica cosa che la tratteneva dallo scivolare nell'oceano era proprio 'Larsen B'. Secondo le mie fonti, nella Placca di Ross si stanno producendo varie crepe.

Se anche lei scivolerà nell'oceano, si prevede che il livello degli oceani di tutto il mondo crescerà dai 5 ai 7 metri. Questo, amici miei, cambierebbe il mondo: quasi tutte le città costiere del mondo, molte isole e tutta l'Olanda sarebbero sommerse. Forse ci vuole un evento di questo tipo per risvegliare il mondo e prendere sul serio il Riscaldamento Globale.



NEL PASSATO
Anno 1300

Il Pentagono, nel suo studio su quello che sta accadendo nel nord dell'Oceano Atlantico, ha condotto una ricerca sul passato, per vedere quando si è verificato in precedenza questo rallentamento o arresto della Corrente del Golfo, e cosa è successo nei cambiamenti climatici del mondo a quei tempi.

In realtà un tale rallentamento o arresto della corrente nel Nord Atlantico è già successo centinaia di volte in passato, milioni d'anni fa; ma nel passato recente, gli ultimi 10.000 anni, è successo soltanto due volte.

L'ultima volta è stato nell'anno 1300 d.C, e allora si trattò di un semplice rallentamento - non si fermò. Gli scienziati dibattono sul perché di quel rallentamento - non sanno veramente perché è successo.

I repentini cambiamenti climatici globali che seguirono non tornarono alla normalità prima di 550 anni. Questo periodo di tempo della nostra storia è denominato 'Piccola Era Glaciale' per via dello sconvolgimento che determinò nel nostro clima e per il freddo intenso che ne risultò.

Al Pentagono si sono resi conto che all'epoca della 'Piccola Era Glaciale' la costa est del Nord America divenne estremamente fredda, e le aree centrali ed occidentali degli Stati Uniti divennero talmente secche e aride da trasformare il 'Midwest' americano in un'enorme piana polverosa, mentre le foreste montane bruciavano - esattamente come sta accadendo oggi… Poiché ai nostri giorni il rallentamento della Corrente del Golfo è già in atto da più di 10 anni. Il clima cambiò radicalmente anche in Europa durante questa 'Piccola Era Glaciale'.

Lo studio degli Indiani Anasazi del 14° secolo d.C. è illuminante. A Chaco Canyon, nel Nuovo Messico, gli Indiani Anasazi scomparvero completamente - e nessuno sa con precisione dove andarono. Ma dallo studio sulle cause che indussero gli Anasazi ad abbandonare l'area del Nuovo Messico è emerso qualcosa di interessante: nel corso del 14° sec. d.C. l'area di Chaco Canyon fu colpita da una siccità talmente terribile, da non ricevere una sola goccia d'acqua per ben 47 anni! E una siccità di tale durata indurrebbe certo chiunque ad abbandonare l'area in questione: niente acqua, niente vita.

Gli archeologi che presentarono questo studio non sapevano quale fu la causa della siccità, ma se consideriamo che, nel periodo immediatamente precedente, la Corrente del Golfo subiva un sensibile rallentamento, tutto diventa chiaro. Questo è esattamente ciò che il Pentagono pensa che succederà all'America, al Canada e all'Europa.

Noi oggi crediamo che l'attuale siccità dell'occidente degli USA avrà termine presto, ma la storia della Terra e della Corrente del Golfo suggerisce invece che potrebbe durare altri 40 anni prima che si possa tornare ad un certo equilibrio.

8.200 Anni Fa

In realtà il rapporto del Pentagono induce a credere che la Corrente del Golfo - per quello che ne sanno loro - stavolta non avrà un semplice rallentamento, ma piuttosto si arresterà. L'ultima volta che questo è successo è stato 8.200 anni fa.

Sempre stando ai risultati della ricerca del Pentagono, questo sarebbe uno scenario ben più drammatico. Quando, 8.200 anni fa, la Corrente del Golfo si fermò, in breve tempo l'Europa fu ricoperta da circa 750 m di ghiaccio, mentre l'Inghilterra e New York si ritrovarono con un clima simile a quello della Siberia oggi.

Ne seguì una vera e propria 'Era Glaciale' che durò circa 100 anni - vedete perché il Pentagono è preoccupato… Sia Andrew Marshall che Sir David King sostengono che questo problema della Corrente del Golfo è, per la sicurezza nazionale degli USA (e di altri Paesi), una minaccia più grave di quella rappresentata da tutto il terrorismo mondiale messo insieme. Davvero, se ci pensiamo, il terrorismo non è nulla, in confronto all'arresto della Corrente del Golfo. Non si può neanche pensare di fare un paragone.

E' evidente che, senza condizioni climatiche stabili, agricoltura e allevamento diventano quasi impossibili; secondo il Pentagono, nel prossimo futuro questo problema potrebbe divenire talmente serio che potranno aver luogo guerre non per il petrolio o l'energia, ma per il cibo e l'acqua.

La minaccia maggiore per la sicurezza nazionale sarebbe rappresentata - sempre secondo il rapporto del Pentagono - dall'enorme flusso di immigrazione proveniente da quei Paesi come Finlandia, Svezia, Danimarca, che finirebbero ricoperti dai ghiacci, ed andrebbero evacuati, nonché da altre nazioni, che si spopolerebbero per altre ragioni.

E' per questo che Andrew Marshall e Sir David King volevano che il mondo sapesse la verità su quanto sta per succedere, in modo da potersi preparare per l'inevitabile.

IL SENATO USA

Nel marzo 2004 il Senato USA, messo al corrente dello studio del Pentagono, ha destinato fondi per 60 milioni di dollari alla ricerca sui CAMBIAMENTI IMPROVVISI DEL CLIMA GLOBALE. Questo ci lascia un po' di speranza - che presto il Senato USA incomincerà a dire a tutto il mondo quali cambiamenti climatici stanno per accadere.

LE NAZIONI UNITE

Il 29 Giugno 2004 si è concluso un incontro dell'ONU per discutere cosa fare a riguardo del Riscaldamento Globale e della Corrente del Golfo, cui hanno partecipato 154 nazioni. Il risultato è stato che l'unica cosa su cui sono riusciti a raggiungere un accordo è che bisogna eliminare l'uso di petrolio e benzina al più presto possibile. C'è gente che crede che, se continuiamo ad abbassare il livello delle emissioni di CO2, i problemi potranno diminuire, ed è certamente importante fare tutto ciò che possiamo. E' altrettanto importante comprendere che vi sono correnti oceaniche - diverse da quella nord atlantica - in ogni oceano; se tutte quante subissero un rallentamento o un arresto, la Terra entrerebbe senza alcun dubbio in una nuova Era Glaciale, e la Storia ci mostra che, se questo accadrà, la nostra civiltà non tornerà ad un clima temperato prima di circa 90.000 anni.

In realtà, indurre dei cambiamenti nelle correnti di tutto l'Oceano Atlantico (cambiarle, o aumentarle) per riportarle alla 'normalità' è al di là delle possibilità della razza umana e delle sue tecnologie. E' troppo tardi - secondo le previsioni della maggioranza degli scienziati mondiali - per cambiare il corso di ciò che ha già incominciato a succedere. Tutto ciò che possiamo fare ora è prepararci allo shock - ed il messaggio principale di Andrew Marshall e Sir David King è che la preparazione è essenziale.

LA NASA SI PREPARA

Il 13 Luglio 2004 la NASA ha lanciato in orbita un satellite - il primo di una serie di tre - il cui unico scopo è lo studio del Riscaldamento Globale. Oltre a studiare lo strato di ozono - altro enorme problema associato al Riscaldamento Globale - questo satellite effettuerà il monitoraggio della temperatura e della densità salina degli oceani. Forse riusciremo almeno a monitorare i rapidi cambiamenti e a predire ciò che potrà succedere a breve termine.

ALCUNI CAMBIAMENTI CLIMATICI INUSUALI VERIFICATISI DA QUANDO LA CORRENTE DEL GOLFO HA INIZIATO A RALLENTARE

Nel Marzo 2004 il mondo ha visto un grande uragano abbattersi sulla costa del Brasile. In tutta la storia, a memoria d'uomo, non era mai accaduto prima che un uragano si abbattesse sul Sud America continentale.
Nel Maggio 2004 gli USA hanno polverizzato ogni record di tornado in un solo mese: se ne contarono 562. Di questi, alcuni a Seattle - dove non se n'erano mai visti prima.

L'inverno 2003/04 è stato uno dei più rigidi della storia nel Canada orientale.
Da parecchi anni gli incendi distruggono le foreste di tutto il mondo - l'elenco sarebbe troppo lungo. L'Australia settentrionale sta bruciando, come l'Alaska - cose senza precedenti!

Tutto l'ovest degli USA è in prede alle fiamme, che si propagano di regione in regione, e il governo ha annunciato che questa è la peggiore siccità degli ultimi 500 anni. In realtà tutto il mondo è in fiamme.

L'Europa - in particolare la Francia - ha avuto nel 2004 un'ondata di caldo che è costata la vita a 15.000 persone nella sola Francia, e 30.000 in tutta Europa; e tutto questo è dovuto semplicemente all'intenso calore generato dal Riscaldamento Globale e dalla Corrente del Golfo.

Nel Luglio 2004 l'Argentina è stata travolta dalla peggiore tempesta della sua storia.

Il clima in Messico è talmente strano che in alcune zone si sono formati funghi e muffe sui raccolti - mentre in altre aree c'è siccità. Nella misura in cui i cambiamenti climatici inizieranno a succedersi rapidamente e radicalmente, la produzione di cibo diventerà il nostro più grande problema.

Le barriere coralline del mondo stanno morendo a causa del Riscaldamento Globale, e questo costituisce una seria minaccia per la maggior parte delle isole negli oceani, tra cui quelle del Pacifico. Probabilmente tutti coloro che vivono su un'isola dovranno presto abbandonarla, a causa dell'acqua marina salata che inquinerà le riserve d'acqua dolce. Di sicuro dovranno abbandonarle se il livello degli oceani salirà sensibilmente.

Oggi, 16 Luglio 2004, NPR dichiara che il 50% delle emissioni di CO2 immesse nell'atmosfera dalla nostra società tecnologica finisce negli oceani, e questo determina una diminuzione del PH fino a valori acidi. Ciò a sua volta concorre alla distruzione delle barriere coralline e alla scomparsa di un gran numero di altre forme di vita negli oceani.

E questa è solo la punta dell'iceberg. Se volessimo fare veramente sul serio e metterci a studiare tutte le bizzarrie del clima degli ultimi dieci anni (a partire dal rallentamento della Corrente del Golfo) incominceremmo a renderci conto per davvero dei radicali cambiamenti climatici globali a cui dovremo adattarci - se vogliamo che l'umanità continui a vivere sulla Terra.

IL MURO DI 13 METRI

Nel rapporto del Pentagono si raccomanda che gli Stati Uniti costruiscano un muro dell'altezza di circa 13 metri intorno a tutto il Paese, per tenere fuori coloro che vorrebbero immigrare, nel tentativo di sfuggire ai problemi climatici mondiali. Il Pentagono ritiene che i problemi più grossi saranno il cibo e l'acqua, e poiché gli USA hanno il denaro per acquistare cibo, pensano che riusciremo a far fronte a questo specifico problema più a lungo della maggior parte delle altre nazioni. La gente vorrà venire qui semplicemente per avere qualcosa da mangiare.

Se questo vi sembra qualcosa che andrebbe bene per un film apocalittico, sappiate che, di fatto, il governo degli USA ha già dato inizio alla costruzione di un tale muro al confine con il Messico.

Nota: parlando di film, il recente 'The Day After Tomorrow' è basato sulle informazioni relative all'arresto della Corrente del Golfo. A Hollywood hanno talmente esagerato la portata distruttiva delle tempeste, che la gente ha creduto che si trattasse di pura fantasia. Non è fantasia, sta succedendo realmente, ma… succederà nel modo prefigurato dal film? Nel film si vedono milioni da americani che scappano in Messico per sfuggire al clima troppo freddo.

Due settimane fa ho parlato con un funzionario militare USA coinvolto nella costruzione di questo muro di 13 metri. Durante la nostra discussione sulla Corrente del Golfo, di cui lui non sapeva niente, ad un certo punto ha detto: "Oh, ora capisco. Vedi, il muro è liscio ed invalicabile dal lato messicano, ma dal lato statunitense presenta scale e gradini che consentono di salirci su e passare in Messico. Non riuscivo a capire perché il governo stesse facendo questo."

IL CAMBIAMENTO DI FORMA DELLA CORRENTE DEL GOLFO

Nel suo rapporto, il Pentagono afferma che l'arresto della Corrente del Golfo si verificherà probabilmente nell'arco di 3-5 anni a partire dall'Ottobre 2003. Questa almeno è la loro opinione, ed essi stessi ammettono che è solo una teoria.

Ciò che ancora non sapevano - poiché era qualcosa che stava succedendo all'epoca in cui pubblicavano il rapporto - è che la Corrente del Golfo sta iniziando a cambiare forma. Questo è il segnale dell'inizio del processo di arresto di questa corrente d'acqua calda - e della fine della nostra civiltà, così come la conosciamo.

Queste informazioni provengono da due fonti, due famosi scienziati di fama mondiale, che però in questa fase preferiscono mantenere l'anonimato.

Se questo è vero, allora tutti gli effetti ed i tempi di cui parla il Pentagono nel suo rapporto vanno anticipati nel tempo, diciamo da 3 a 5 anni.

Non so se questo è vero, ma poiché non bisogna nascondere nulla, l'informazione è stata inclusa in questo articolo. Se riceverò le prove, le pubblicherò.

DAL MIO CUORE AL VOSTRO

Nel venire a conoscenza di queste informazioni, non sapevo se avrei dovuto scrivere o meno quest'articolo. Ma poiché credo nell'amore e nell'umanità, alla fine ho compreso - come Sir David King ed Andrew Marshall - che dovevo parlare, perché la conoscenza è potere.


lunedì 26 maggio 2008

Cos'è il Biodiesel?



Il Biodiesel è l’unica fonte di energia rinnovabile in forma liquida effettivamente disponibile sul mercato. Ottenuto da oli vegetali di colza, soia o girasole è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato da subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Sicuro da stoccare e da maneggiare, il Biodiesel e’ biodegradabile, non è tossico ed è il primo ed unico carburante alternativo, riconosciuto dall’Agenzia per la protezione dell’Ambiente Statunitense (EPA). Il BBiodiesel è uno degli strumenti della Comunità Europea per l’approvvigionamento energetico e per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal protocolla di Kyoto.

La produzione italiana di Biodiesel è in costante aumento avendo superato le 400.000 tonnellate annue a fronte di una produzione europea di circa tre milioni di tonnellate annue

Petrolio: corre verso i 200 dollari. Gli scenari per l’Economia italiana



La corsa del greggio non si arresta e lo scenario di un prezzo che potrebbe arrivare ai 200 dollari al barile inizia a spaventare (non poco) le economie mondiali.

Le prospettiver per la nostra economia – che già veleggia in acque burrascose – potrebbe più degli altri paesi europei pagare un dazio pesantissimo.

A disegnare lo scenario della “vita” del nostro Bel Paese con un prezzo del greggio a 200 dollari è stata Confesercenti: vediamo quali effetti - pesantissimi - potremmo ritrovarci a vivere.

Il primo problema da afforntare sarebbe sicuramente quello legato ai carburanti: con un greggio a 200 dollari al barile il prezzo della benzina potrebbe superare i 2 euro.

Tale prezzo comporterebbe inevitabilmente una riduzione dei consumi che potrebbero scendere dell'8-10%. L’aggravio per le famiglie, sarebbe in media di circa 600-800 euro l'anno.

E’ facile prevedere anche un utilizzo – limitato – dell’autovettura.

Cambieranno in parte anche le abitudini e i consumi delle famiglie che dovranno fronteggiare costi crescenti per il riscaldamento oppure per l’acquisto di beni e servizi.

ALLARME PER I CONTI PUBBLICI

Secondo le stime di Confesercenti , il Pil italiano diminuirebbe dello 0,4% solo nel primo anno, mentre l'impatto recessivo del più alto prezzo del petrolio comporterebbe una perdita di posti di lavoro che in quattro anni farebbe lievitare il tasso di disoccupazione di circa un punto.

Peggiorerà anche la bilancia dei pagamenti, l'inflazione il primo anno registrerebbe un balzo di un punto.

Con la crescita inflazionistica scatterebbe poi una politica monetaria restrittiva con il conseguente aumento dei tassi di interesse ed un impatto negativo su mutui e debito pubblico.

venerdì 23 maggio 2008

Energia fai da te

Tanto lontano da una realtà prossima? Forse sì... ma può essere uno spunto per capire come si dovrà intendere la nuova società moderna. La recessione economica congiunta con la crisi energetica, che presto sarà più rilevante, costringeranno la società a cambiare le proprie abitudini. Con ogni probabilità chi sarà più preparato emergerà e troverà nuove vie per arricchirsi a spese dei ceti sociali meno abbienti o meno acculturati. Si dovrà lottare per evitare nuovamente che si crei una casta di poteri forti con pieno controllo sulle risorse energetiche. Lottare per non permettere che le fonti di energia alla portata di tutti diventino una chimera. Un nuovo MedioEvo è alle porte e la società dovrà essere pronta.

Fino all'ultima goccia!



La prossima fine dell'"economia del petrolio"

Tenendo conto di tutte le riserve mondiali, analizzando separatamente con il metodo di Hubbert tutte le aree petrolifere del pianeta, la loro natura e le loro prospettive future, la conclusione è che il ritmo di estrazione del petrolio raggiungerà un massimo attorno alla fine del presente decennio, e poi incomincerà a diminuire : e verso il 2050 si ridurrà all'incirca alla metà di quello attuale! Per il gas naturale l'andamento è analogo, il picco di estrazione è semplicemente spostato in avanti di 10 - 20 anni , ma la diminuzione successiva è inesorabile. Un'obiezione che viene spesso sollevata è che vi sono ingenti giacimenti di "petrolio non convenzionale" (sabbie e scisti bituminosi. idrocarburi pesanti o in acque profonde), il cui sfruttamento però non solo è problematico dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto, ancora una volta, per la resa energetica.

Quello a cui saremmo di fronte, allora, non sono tanto (o solo) giganteschi interessi, una lotta per la supremazia petrolifera, ma la sopravvivenza stessa delle società industriali, dell'"economia del petrolio". Si tenga presente che il grado di dipendenza di queste società dal petrolio si aggira sull'80 %. Il tutto è aggravato dal fatto che, come ricordano anche gli articoli citati di G&P, si prevede inoltre un enorme incremento della domanda mondiale di questi combustibili fossili: secondo l'ultimo "Annual Energy Outlook" del Dipartimento dell'Energia nordamericano, del 61 % nei prossimi 25 anni, quando invece si estrarrà già annualmente meno petrolio rispetto ad oggi.

Queste fosche prospettive sono state occultate con ogni mezzo dalle compagnie petrolifere, ma oggi la loro evidenza incomincia a fare inevitabilmente breccia: il 25 agosto del 2002 la Shell ha ammesso in una dichiarazione al Sunday Times che "Potremmo vedere scarsità di petrolio dal 2025".

Vi è poi un'ulteriore conclusione che complica il quadro e spiega l'importanza cruciale dell'area mediorientale. Infatti il tasso di estrazione del petrolio nei paesi non-OPEC (che fino ad oggi è stata superiore alla produzione dei paesi OPEC) è già arrivata al massimo in questi anni ed incomincerà a diminuire, per venire superata dalla produzione dei paesi OPEC intorno al 2007. Ricordiamo che all'OPEC (fondato nel 1960) aderiscono attualmente i seguenti paesi: Algeria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Venezuela (Ecuador e Gabon ne sono usciti).

Fino all'ultima goccia

In questo quadro si capisce molto meglio la caparbietà degli Usa nel volere sferrare questa guerra, costasse anche mille miliardi di $, e ridisegnare la geografia politica e l'assetto del Medio Oriente. Non vi è dubbio che gli obiettivi di questa guerra, e di tutta la strategia messa in atto da Washington dopo il crollo dell'Urss con le colossali spese militari connesse, sono molteplici: l'esigenza di supremazia ed egemonia planetaria, le istanze e il ricatto del sistema militare-industriale, il sostegno dell'economia interna, l'indebolimento e la divisione dell'Europa, lo sbarramento della Cina, l'emarginazione della Russia, i giganteschi e di solito taciuti interessi legati al mercato internazionale della droga, uno dei più grossi giri d'affari a livello mondiale. Il problema delle forniture energetiche comunque diviene vitale, non solo per gestire gli enormi interessi futuri, ma per la stessa sopravvivenza di questo sistema: del resto, tutti questi obiettivi, lungi dall'essere in contraddizione, si integrano tra loro. Direi addirittura che George W. Bush, dal suo punto di vista, non può fare altro! Washington ha stracciato il Protocollo di Kyoto; ha stabilito che non vuole (o non può) rallentare la propria locomotiva davanti a nulla; che non ammette problema ambientale, umanitario, globale che possa anche lontanamente ostacolarla. L'America continuerà come ora, o peggio, costi quel che costi, a dispetto di tutto e di tutti: se sarà necessario, "Muoia Sansone e tutti i Filistei".

Ma tra poco non ci sarà petrolio per tutti, ed è vitale stabilire un'assoluta egemonia mondiale, occupare militarmente le regioni strategiche ed accaparrarsi tutto il petrolio che verrà estratto, fino all'ultima goccia. Su queste basi si inquadra tutta la politica di Washington degli anni '90: l'estensione della sua egemonia sul Caucaso e sulle repubbliche ex-sovietiche dell'Asia centrale (G. R. Capisani, "Uzbekistan a stelle e strisce" G&P, n. 86, p. 17; A. Lodovisi, "Povertà senza fine, G&P, n. 95, p.9) e l'occupazione del relativo corridoio dell'Afganistan (G. Monbiot, "Sognando un oleodotto", e F. Schlosser, "Alla conquista dell'eldorado petrolifero", G&P, n. 85, pp. 25, 26), perché l'obiettivo dopo l'Iraq sia l'Iran, la sua politica in America Latina, la sua penetrazione, anche se per ora più discreta, in Africa (C. Jampaglia, "L'Africa cambia", G&P, n. 91, p. 14).

Quello che proprio non si capisce, invece, è l'Europa: possibile che i nostri governanti non capiscano che non potranno stare all'infinito all'ombra, e al servizio del potente alleato di oggi, che quando sulla zattera non ci sarà più posto per tutti verranno buttati a mare senza tanti complimenti anche loro? Come suol dirsi, ... ci sono o ci fanno?

Siamo veramente nelle mani di un gruppo di ladri, furfanti, affaristi senza scrupoli che reggono i destini del mondo e dell'umanità. Perché "un mondo diverso sia possibile" è assolutamente necessario cambiare radicalmente, e al più presto, il modello di produzione e di consumi, i concetti di benessere e di sviluppo: l'"economia del petrolio" non è più sostenibile. Molti sarebbero i problemi connessi al "picco del petrolio" che dovrebbero essere affrontati (le alternative energetiche; le emissioni di CO2, soprattutto se aumenterà il ricorso al carbone; le concomitanti crisi ambientali), ma in questa sede ci premeva soprattutto porre il problema centrale in relazione alla crisi irachena e mediorientale.

fonte: Jura Gentium

giovedì 22 maggio 2008

IL Petrolio sfonda quota 135$



Il prezzo del petrolio greggio ha superato stanotte a New York il tetto dei 135 dollari a barile. Più tardi nei mercati asiatici è ripiegato di circa 50 centesimi. Nel dopomercato elettronico che fa riferimento al Nymex, la Borsa merci di New York, a mezzogiorno a Singapore il greggio per consegna a luglio è stato trattato a 134,58 dollari a barile, con un aumento di 1,41 dollari rispetto a ieri sera a New York.

Nella notte il greggio aveva superato il tetto dei 135 dollari venendo trattato fino a 135,04 dollari a barile. Ieri sera, alla chiusura delle contrattazioni era salito a 133,17 dollari con un aumento di 4,19 dollari.


fonte: rainews24

martedì 20 maggio 2008

La Terza guerra mondiale è già scoppiata?



Il mondo, oggi, consuma circa 28 miliardi l'anno di barili di petrolio ed è, evidentemente, un consumo in crescita (il petrolio è quasi l'unica "fonte energetica" per i mezzi di trasporto e, quindi, al momento non può essere immediatamente sostituito in tale impiego).
Chi sono, oggi, i maggiori consumatori mondiali?

Stati Uniti: 7.24 miliardi di barili l'anno (25.9% del totale);
Europa: 5.5 miliardi di barili l'anno (19.7% del totale);
Cina: 2.2 miliardi di barili l'anno (7.9% del totale);
Giappone: 2.0 miliardi di barili l'anno (7.0% del totale).

Più dei consumi attuali, tuttavia, interessa la previsione dei consumi futuri.

Nel 2020 (la stima è dell'Iea: International energy agency) il mondo consumerà oltre 42 miliardi di barili l'anno di petrolio: il 50% in più dei consumi attuali.
I problemi, però, sono sostanzialmente due:
Su quel tasso di sviluppo, i prezzi "voleranno" oltre i 100 dollari al barile;
Nonostante ciò, sarà impossibile soddisfare quella domanda di petrolio.
Un certo Campbell, il massimo esperto mondiale di estrazioni petrolifere, ha fatto due conti ed ha scoperto che:
Le nuove scoperte di petrolio, hanno toccato il massimo nel 1964;
La produzione mondiale di petrolio ha toccato il massimo incremento nel 2004.

Significa che: dal 1964 in poi, si scoprono sempre meno giacimenti nuovi e, dal 2004 in poi, la produzione di petrolio cresce ad un ritmo inferiore al precedente (ante 2004).

Il tasso di crescita della produzione mondiale di petrolio, prima del 2004, era dell'1.4% l'anno e, dunque, se i conteggi di Campbell sono giusti, da qui al 2020 sarà inferiore a quel valore.

La differenza tra consumi e produzione si fa sempre più grande, fino a diventare abissale ed incolmabile.
Ed è, semplicemente, evidente che: più la differenza tra consumo e produzione si fa grande, e più i prezzi del barile di petrolio salgono, fino a livelli inimmaginabili (intorno a 200 dollari per barile), quando quella differenza dovesse superare i 5 miliardi di barili l'anno (intorno al 2015).
Mi direte: ma, se la produzione non ce la fa a stare dietro al consumo, bisognerà trovare altre fonti energetiche, diversamente si crea una "frattura" insanabile.

Vero, in teoria; in pratica non è così, perché il grosso del consumo di petrolio alimenta (principalmente) i mezzi di locomozione (autovetture, camion, aerei etc..) per i quali, all'orizzonte prossimo (i prossimi 5-10 anni), non c'è alcuna alternativa (immediatamente utilizzabile) al petrolio.
Sicché il consumo è, in gran parte, rigido ed incomprimibile (almeno per i prossimi 5-10 anni).
E ciò comporterà due conseguenze nefaste:
I prezzi andranno alle stelle;
Non ci sarà abbastanza petrolio per tutti (e, quindi, alcuni consumatori dovranno, necessariamente, essere "scoraggiati" con la "forza" dall'utilizzo del petrolio).

Adesso osservate la prima tabellina (in alto a questo foglio): quali sono i due paesi che consumano di più?
Oggi sono l'Europa e gli Stati Uniti; in futuro saranno la Cina e gli Stati Uniti.
La Cina , in particolare, per "alimentare" il suo tumultuoso sviluppo (il Pil cinese cresce del 9.3% l'anno) ha disperato bisogno di petrolio, e non potrà, per nessun motivo, rinunciare neanche ad una goccia di quello che gli serve.
E gli Stati Uniti?
Neanche loro possono fare a meno del petrolio; neanche l'Europa e men che meno il Giappone.
E, quindi, come si fa quadrare questo cerchio?

...... Con una guerra.
Una parte del mondo, dovrà essere "costretta" a non utilizzare più petrolio (o a consumarne molto meno di adesso), in modo che il consumo totale sia (più o meno in linea) con la produzione.
Vedete altre soluzioni?
Per favore, lasciate perdere le fonti alternative (sole, vento, acqua, idrogeno, etc..): qui stiamo discutendo di futuro prossimo (da qui al 2015) e non di "calende greche"; e nel futuro prossimo, quelle fonti non saranno in grado di sostituire il petrolio.
Il problema, secondo me, è chi farà la guerra contro chi (europei, giapponesi ed americani contro cinesi ed arabi oppure altre possibili "alleanze")?
In ogni caso, le prime "battaglie" sono già iniziate: americani ed inglesi hanno invaso l'Iraq (per "esportare" la democrazia, s'intende, mica per "impadronirsi" del loro petrolio), ed i cinesi si stanno muovente in Sudan e Ciad (con lo stesso obiettivo).

Al prossimo "giro", americani ed inglesi attaccheranno l'Iran (sempre per "esportare" la democrazia, inutile dirlo) ed i Cinesi decideranno dove "esportare" la loro democrazia popolare.
La guerra, dunque, è già iniziata nell'incredulità generale, indotta dalle straripanti stronzate del regime mediatico in cui viviamo (tipo: "esportare la democrazia", "peace keeping", progresso e sviluppo per gli oppressi e via così, ad minchiam); ed è una guerra che ha già fatto milioni di morti (sono più di un milione le vittime irachene, decine di migliaia quelle afghane, e circa tremila i soldati americani ed inglesi già morti in combattimento).
Questa guerra ha già prodotto (quasi) tanti morti, quanti ne hanno causato tutte le guerre napoleoniche; eppure, un pubblico semi-addormentato dalle vicende del "Grande fratello" (o da altre, simili, scemenze televisive), continua, incredibilmente, a baloccarsi con l'idea che, in Iraq si stia combattendo per "assicurare" pace e libertà agli iracheni.
Esattamente come quegli americani che, nel dicembre del 1941, si sorpresero e s'indignarono per l'attacco giapponese a Pearl Harbor, trascurando il fatto (nascostogli, ovviamente, dal loro presidente) che, avendo la flotta americana imposto l'embargo petrolifero al Giappone (vedete come, alla fine, il petrolio determina i conflitti moderni), ed essendo lo stesso Giappone dipendente al 100% dai rifornimenti di petrolio via mare, quest'ultimo non aveva che due alternative: arrendersi senza neanche combattere (le scorte di petrolio potevano coprire un periodo massimo di nove mesi), oppure attaccare di sorpresa la flotta americana, rompere l'accerchiamento e "riconquistare" l'utilizzo delle rotte via mare.

L'ammiraglio Nimitz (quello della battaglia di Midway), dopo la guerra disse: "l'unica sorpresa di Pearl Harbor, fu che i giapponesi avessero impiegato tanto tempo prima di attaccarci; noi ce l'aspettavamo almeno due mesi prima".
Eppure, ancora oggi, un sacco di gente pensa che l'attacco giapponese sia stato un "vile colpo a tradimento" inferto dai "cattivi" orientali ai "buoni" americani.
La storia, come vedete, si ripete sempre, e gli stupidi non tramontano mai.


tratto da : disinformazione.net

lunedì 19 maggio 2008

Entro il 2012 petrolio a 225 $ al barile

Di puro allarme lo studio di una banca di investimenti canadese, la CIBC, riportato da Marketwatch.

L'offerta di petrolio è inferiore alle stime ufficiali, mentre è molto improbabile che la domanda veda un calo a breve termine. Offerta scarsa e domanda forte porteranno il prezzo del petrolio e della benzina a raddoppiare entro il 2012.

L'articolo spiega molto bene cosa sta accadendo, tutto ciò che noi conosciamo benissimo: i problemi dell'OPEC, le riserve sovrastimate, la depletion eccetera.

Ma io avrei qualche dubbio sull'ottimismo di un prezzo raddoppiato tra 4 anni: qualcuno sostiene che ciò avverrà al massimo nel 2010. Il prezzo è raddoppiato ogni anno, negli ultimi anni: se il trend continua, l'anno prossimo sarà a 240 e nel 2010 a 480!

Naturalmente c'è una crisi economica talmente seria all'orizzonte, da poter sparigliare tutte le carte...

Anche tu hai 30 schiavi energetici...?

Per meglio capire la situazione di privilegio in cui ci colloca la disponibilità di energia a basso prezzo è interessante paragonare l’energia consumata dalle macchine che usiamo tutti i giorni con quella che può produrre un essere umano.
Un uomo in buona salute può generare una potenza di circa 800 W per un tempo breve, ad esempio salendo di corsa una rampa di scale, ma in una attività continuativa non riesce a sviluppare una potenza superiore a circa 50 W.
Per tenere acceso un televisore, che richiede una potenza di circa 80 W, sarebbe quindi necessario il lavoro continuativo di una persona e mezzo. Per far funzionare una lavatrice (circa 0,8 kWh per un lavaggio a 60 °C) ci vorrebbe il lavoro di una quindicina persone per un ora. Il motore di un’automobile di media cilindrata, che eroga una potenza di circa 80 kWh, viaggiando a velocità di crociera, compie un lavoro pari a quello di 1.600 persone.
Anche la produzione di cibo richiede molta energia. Per far crescere una mucca (5 quintali) è necessario utilizzare 3.500 litri di petrolio se si considera tutto l’investimento energetico messo in opera in una fattoria, dai fertilizzanti alle macchine; il che significa che ogni chilo di un capo bovino “vale” 70 kWh di energia, ovvero l’equivalente di circa 200 giornate lavorative di 8 ore di una persona.
Ci possiamo permettere questo deficit energetico solo perché il prezzo dell’energia oggi è basso.
In base a calcoli di questo tipo si può stimare che in media ogni cittadino italiano ha perennemente a disposizione circa 30 “schiavi energetici” , un lusso che non si poteva permettere neppure un principe del Rinascimento!!!
Di questi 30 nostri schiavi 12 hanno il compito di far funzionare la lavatrice, la TV, lo stereo, l’aspirapolvere e la lampada abbronzante.

Tutto questo ci può dare una misura di quanta energia consumiamo noi cittadini dei Paesi sviluppati e ci fa capire che, a causa del suo bassissimo costo, l’energia viene usata anche quando non ce ne sarebbe bisogno: viene,cioè, sprecata

Il ritorno alle biciclette...



Come cambierà la nostra vita tra qualche anno?

Dario Fo: Preparatevi ad un nuovo medioevo...

Ci stiamo svegliando....

Dario Fo, a Crozza Italia, parla del suo ultimo libro. Argomento: Hubbert, il picco del petrolio, la crisi energetica, la fine delle automobili, il problema alimentare, l'esodo dalle città, il medioevo prossimo venturo.

Buona visione...


domenica 18 maggio 2008

Fame moderna

La crescita nei prezzi dei cereali sta portando mezzo mondo alla fame. I motivi chiamati in causa sono l'aumento del petrolio, la maggior quantità di carne consumata (che sposta l'uso del mais e del grano dall'alimentazione umana ai mangimi), l'uso di semi alimentari per la produzione di biocarburanti. Tutte ragioni valide, per carità, alla cui base vi è un'altra motivazione, ancora più radicale: ci siamo dimenticati cosa mangiamo. Nei paesi occidentali , che sono anche quelli con maggiori potenzialità di produzione agricola, negli ultimi 50 anni l'agricoltura è stata vista come un peso, come un settore obsoleto da sovvenzionare affinchè potesse sopravvivere. I bambini vanno a visitare le "Fattorie didattiche " quasi fossero dei musei.
Poi si è giunti al culmine della sciocchezza: invece che investire nella costruzioni di motori alternativi ai nostri vecchi motri diesel (una tecnologia che ha più di cento anni) abbiamo usato mais, girasole ed altri alimenti per bruciarli nei nostri CDI che devono avere almeno 140 Cavalli, se no niente. (L'Italia secondo i dati del 2007 era al nono posto negli investimenti nei biocarburanti...)

Questa tendenza ha portato ad un aumento incondizionato del prezzo dei cereali, grani e sementi in genere, mettendo alcune nazioni in ginocchio...
L'Egitto ha oltre 40 milioni di abitanti ed oltre la metà delle sue necessità alimentari sono importate. Il Pakistan è in una situazione anche peggiore. L'Argentina ha imposto forti tasse sull'export di cereali e così pure le Filippine sul riso.

Pensate che realmente tutto possa andare avanti come ora?

Quanto tempo ci vorrà prima che le nazioni occidentali cambino politica agricola
e riportino l'attenzione verso settori dimenticati?


L'ultimo modello di Nokia o iPhone non si mangiano!!!

Fonte: http://nuovomedioevo.splinder.com

sabato 17 maggio 2008

Un nuovo Medioevo?

Secondo l'autore, Gunnar Heinsohn dell'università di Brema, una nazione si definisce moribonda quando il tasso di fertilità è pari o inferiore a 1,5. Secondo gli ultimi dati riferiti a 226 Paesi, l'Italia è al 212° posto, con un tasso di fertilità (numero di nati vivi medio annuo per ogni mille donne in età fertile) pari a 1,28. Se si adotta il criterio di Heinsohn, peraltro largamente accettato, l'Italia non è l'unica nazione moribonda: sono ben 30 le nazioni europee in stato comatoso e la popolazione europea sta diminuendo proprio mentre sta esplodendo in Africa e Asia. Nel 2020 ci saranno nel mondo un miliardo di uomini di età compresa fra i 15 e i 29 anni; di questi solo 65 milioni saranno europei, mentre il mondo islamico ne conterà circa 300 milioni.

Non è la prima volta che l'Europa rischia l'estinzione: nel XV secolo, per via della peste bubbonica e delle guerre con i mussulmani, la popolazione totale del Vecchio Continente scese da 70 a 40 milioni. La pericolosità della situazione spinse Papa Innocenzo VIII a condannare a morte chiunque fosse responsabile di aborto o di impedire il concepimento. Le levatrici, esperte in entrambe le attività, venivano giustiziate. I risultati, dice Heinsohn, furono immediati: già a partire dal 1510 il numero di maschi nati in Inghilterra era raddoppiato e, dal 1500 al 1914, le donne dell'Europa occidentale avevano in media sei figli, il doppio che nel Medio Evo. Malgrado guerre e genocidi, responsabili di 80 milioni di morti, la popolazione europea raggiunse i 400 milioni, dieci volte il totale del XV secolo.

Quella duplicazione della popolazione, che l'Europa ha realizzato fra il 1500 e il 1900, il mondo mussulmano è riuscito ad ottenerla in soli 100 anni, passando dai 140 milioni del secolo scorso ai 1400 di oggi. Se l'Europa avesse eguagliato la crescita della popolazione degli Stati Uniti, passata da 75 a 300 milioni fra il 1900 ed oggi, la sua popolazione complessiva sarebbe di 1,6 miliardi, maggiore di quella della Cina o dell'India.

Il numero di maschi in età compresa fra i 15 e i 29 anni determina la capacità del Paese di difendersi persino in un'epoca come la nostra in cui la potenza degli armamenti sembra avere reso meno importante le dimensioni delle forze armate. I 300 milioni di giovani mussulmani in età "bellica" non sempre riescono a trovare lavoro e occasioni di crescita nei loro Paesi: non rendersi conto della potenziale pericolosità di questa enorme massa di diseredati sarebbe irresponsabile.

Se a questo si aggiunge che, forse anche a motivo della decadenza demografica, la necessità di difendersi e le esigenze della Difesa nazionale non ricevono molta attenzione in Europa e che è dubbio che gli Stati Uniti possano continuare indefinitamente a mandare i loro ragazzi a morire per impedire le possibili violenze perpetrate da quelle masse di giovani mussulmani diseredati, è difficile essere ottimisti. Personalmente, credo che Heinsohn abbia ragione: il terrorismo è il fratello minore, la versione moderna della conquista. Il boom della popolazione portò l'Europa a controllare il 90% del globo; il suo attuale declino potrebbe preludere alla sua colonizzazione in una qualche forma.
Quanto prima ci occuperemo, e seriamente, dei nostri problemi demografici tanto meglio sarà per tutti. L'ho detto e lo ripeto: il politicante si preoccupa delle prossime elezioni, lo statista delle prossime generazioni.